Mi capita di ascoltare imprenditori di PMI industriali insoddisfatti della loro attività manifatturiera in modalità conto terzi; in particolare nei settori della meccanica, gomma plastica ovvero i settori dei miei interventi abituali. L’impressione di tali PMI è quella di essere “schiacciati” dall’alto e di avere una marginalità limitata, oltre che poco potere negoziale in relazione a realtà industriali più grandi o molto più grandi di loro.
Io aggiungo che l'attività conto terzi comporta anche un rischio elevato, quando come spesso accade si hanno pochi e grandi clienti, i brand appunto. Senza contare il rischio che, in situazioni di contrazioni di mercato, i clienti cessino di dare la produzione in outsourcing.
Un altro importante rischio corso dalle aziende conto terzi è quello dei "trascinamento" ovvero lasciarsi trascinare dal business dei propri clienti rinunciando ad essere veri protagonisti ed "owner" del proprio business.
I clienti possono spostare il loro sourcing su altri mercati senza farsi troppi problemi
Va detto che il business model conto terzi ha comunque grandi vantaggi:
costi commerciali/marketing ridottissimi
assenza di costi R&D
possibilità di avere partnership con grandi aziende con le quali intraprendere percorsi di crescita
lavoro praticamente assicurato, anche se con qualche mal di pancia se il committente se ne approfitta
possibilità di focalizzarsi sul prodotto raggiungendo livelli di eccellenza (anche se l'eccessiva focalizzazione distoglie risorse su altre aree importanti come le vendite)
In molti casi non ci sono nemmeno i costi delle certificazioni, dal momento che con i committenti si hanno partnership storiche (ciò vale meno in caso di partnership con brand esteri).
Come cambiare il business model?
Non è possibile qui affrontare la materia nella sua complessità, ma possono essere dati consigli in base alla mia esperienza di traghettatore di alcune PMI, tra i quali i 10 seguenti:
il passaggio deve essere graduale, dal momento che si può diventare di fatto concorrenti dei propri committenti o essere percepiti come tali; in altre parole si può prendere il rischio di perdere qualche committente, purchè si abbia ottenuto nel frattempo un volume di vendite tale da compensare la perdita;
in questo graduale percorso, evitare di invadere almeno all’inizio il terreno del committente più importante;
imparare a raccontarsi per ottenere interessamenti e conquistare fiducia dai nuovi clienti;
dotarsi di risorse commerciali interne ed esterne (intermediari) per acquisire nuovi clienti; direi che questa deve essere la priorità; attenzione che i tempi qui sono lunghi;
costruire rapidamente il proprio brand sull’esperienza storica, sui risultati ottenuti, sull’eccellenza conquistata e riconosciuta;
dotarsi di un ufficio tecnico o potenziarlo (spesso le aziende conto terzi si limitano ad avere un disegnatore e basta);
studiare bene i punti di forza, la struttura commerciale, i mercati geografici ed i settori di specializzazione dei propri committenti e dei concorrenti;
lavorare all’ottenimento delle certificazioni necessarie per poter operare alla pari dei propri committenti;
passare dalla logica di azienda “product oriented” a “market oriented” e dotarsi di risorse che la vedano così; i Brand sanno benissimo che la focalizzazione spinta sul prodotto in sé non porta lontano;
intraprendere una strategia costante e continua di sviluppo business, facendo leva sui punti di forza storici conditi con una nuova sensibilità ed attenzione verso il cliente.
Certamente i 10 consigli indicati non vogliono essere esaustivi; possono però essere usati come checklist da quanti vogliono cimentarsi in questo appassionante percorso di crescita aziendale verso Brand compiuto.
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Se desideri approfondire il tema puoi scrivermi a alberto.scanziani@gmail.com
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