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Ing. Alberto Scanziani

Sette modi perdenti di presentarsi ai mercati esteri

Aggiornamento: 5 ago


Vi sono aziende che hanno un riconosciuto valore nelle loro cerchie abituali ma quando si affacciano su nuovi mercati scoprono di non essere nessuno. Questo accade sempre quando le aziende esportano - a meno che abbiano un brand di grande prestigio - ed è causa di sorpresa e frustrazione.


Ma perchè le aziende nel mercato domestico godono (normalmente) di un certo livello di prestigio? Perchè negli anni hanno si sono costruite poco a poco una reputazione, in un processo paziente di servizio ai clienti. Anni di tentativi, sconfitte e successi.


l’efficacia della nostra proposta dipende dalla fiducia che sappiamo generare

Ecco cosa accade invece a molte aziende quando si presentano in nuovi mercati:

1) l’approccio alla descrizione del business è discorsivo, una sorta di autocertificazione delle capacità; si elencano competenze, gamma prodotti/servizi, mercati target, cifre di crescita etc tutte cose giuste che – ahimé - non stimolano l’attenzione e a volte nemmeno l’interesse degli interlocutori. Oggi è straordinariamente difficile stimolare l’interessamento altrui.

l'errore è che ci si presenta come se chi ascolta ci conoscesse già

2) non si spiega sufficientemente bene la mission del business aziendale, né per iscritto sul sito né verbalmente: conoscere e descrivere la propria mission non è banale poiché deve indurre il cliente a scegliere noi anziché un nostro competitor; la mission è la caratterizzazione univoca della nostra offerta e del valore che diamo ai clienti, unitamente ai vantaggi apportati;

la mission deve far percepire una utilità negli interlocutori in termini di aiuto e servizio

3) la cosa più difficile, l’asso nella manica che pochi sanno calare al momento giusto: quale vantaggio competitivo si dà ai clienti, cioè come li si aiuta a fare business in relazione ai loro rispettivi clienti e perché sono contenti di noi; idealmente non c’è certificazione migliore del nostro valore della dichiarazione di soddisfazione dei nostri clienti;

4) altra cosa complicata: avere una raccolta di casi di successo, di situazioni di criticità e problemi risolti grazie ai propri prodotti/servizi/competenze: sono le cosiddette “case stories”, spesso confuse con generiche newsletter informative; poche tra le aziende che seguo sanno raccontare - documentandoli – i loro casi di successo;

i racconti di progetti di successo non sono noiosi eventi dichiarativi, ma stimolano l’attenzione e chiamano chi ascolta all’azione

5) nell’approccio al mercato ci si preoccupa maggiormente della concorrenza che della costruzione di un’offerta capace di suscitare interesse: come se un giocatore entrasse in partita timoroso degli avversari e non concentrato sul metter il pallone in rete; badare troppo agli altri ci distoglie dall’analisi dei nostri limiti e dei nostri punti di forza;

6) la presentazione delle competenze non è originale: mi riferisco al modo di enunciarle, spesso uniforme e sbiadito; una forma siffatta non fa filtrare la sostanza, cioè il valore offerto al mercato; questa situazione è più abituale nel B2B che nel B2C; in questo modo non si emerge dalla massa dei sempre numerosi concorrenti, si è percepiti come uguali a tutti gli altri e quindi inutili;


7) spesso non si analizza compiutamente il meccanismo di vendita in cui sono impegnati i clienti potenziali, specie nel caso in cui essi sono intermediari: in tal caso è impossibile comprenderne al fondo i bisogni

I limiti enunciati sono fortemente legati al modo consolidato e ripetitivo di vedere il proprio business e di promuoverlo: la conseguenza è un appeal molto limitato in relazione agli interlocutori che si vorrebbe coinvolgere.


è bene partire dal principio che agli altri non interessa nulla di noi

Qualora ci si rivolga ai mercati esteri o in strategie di internazionalizzazione i limiti enunciati divengono veri e propri ostacoli, tali da pregiudicare o ritardare i benefici effetti di strategie di espansione.

La certificazione del proprio valore avverrà solo nel momento in cui si riesce a convincere un potenziale cliente (o un intermediario, perché no) a scegliere noi o addirittura a diventare nostro ambassador: se ciò avviene il nostro approccio al mercato sarà riproducibile e grande fonte di incoraggiamento a migliorarsi costantemente.



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